Birra Corona, meno 154 milioni di euro in due mesi.
Se il prodotto che vendi si chiama Corona e tra capo e collo ti capita il coronavirus, si annunciano tempi difficili.
E infatti la società produttrice della famosa birra internazionale, la Anheuser-Busch InBev, sta affrontando in questi giorni il peggior trimestre da dieci anni a questa parte.
Birra Corona, meno 154 milioni di euro in due mesi
Da quando il nuovo virus cinese ha fatto irruzione su tutti i notiziari, la ditta ha dovuto registrare una perdita di ben 132 milioni di sterline, che in euro fa 154 milioni. E pensare che era previsto un aumento delle vendite in corrispondenza del Capodanno cinese…
La Anheuser-Busch InBev possiede anche marchi come Budweiser e Stella Artois. La società spiega la perdita soprattutto col crollo della domanda in Cina, ma anche in Brasile, una repentina diminuzione dovuta anche, tra l’altro, alla chiusura di bar, ristoranti e alberghi.
La società calcola che il coronavirus, con tutta la psicosi globale che ha scatenato, potrebbe significare, per i libri contabili della conglomerata, una perdita del 10 per cento su base annua, in netta controtendenza rispetto alla aspettative di crescita che c’erano per il 2020.
Meno 234 milioni
Ma l’epidemia globale colpisce anche altri produttori di beveraggi, se è vero che Diageo, il più grande produttore di alcolici al mondo, ha fatto sapere che la diffusione del Coronavirus ha ridotto i profitti di almeno 234 milioni di euro.
Intanto, secondo quanto riporta CNN Business, la branca statunitense di Corona fa sapere che non intende fare cambiamenti nella sua strategia pubblicitaria.
Constellation Brands, che produce molte varianti della popolare birra, in una nota stampa fa sapere, infatti, che i suoi clienti “capiscono che non c’è legame tra il virus e la nostra attività”.
E ancora: “Le vendite di Corona (negli Stati Uniti, ndr) rimangono molto forti e siamo grati ai nostri clienti per il loro costante supporto”. La portavoce di Constellation Brands, Stephanie McGuane, ha poi aggiunto che “la nostra pubblicità della Corona è in linea con le campagne degli ultimi 30 anni e si basa su una forte fidelizzazione dei clienti”.
Certo però che se il claim che usi per una nuova variante della Corona è “coming ashore soon” (“sbarcherà presto”: la birra o il virus?), poi non ti puoi lamentare.
Quel che è certo è che tutta la faccenda non può non generare sconcerto e perplessità: c’è da chiedersi a quali vette abissali sia precipitata la capacità di comprensione dell’uomo medio globale, se non si riesce più a distinguere nemmeno tra una birra e un virus…