Che cosa significa risvegliarsi dal coma?

Sono caduto in coma profondo la notte fra il 7 e il 8 febbraio 2013. Avevo preso l’influenza e da una settimana la febbre rimaneva alta. Mia moglie quella notte ha dormito in camera di nostra figlia, che aveva sette anni e aveva anche lei l’influenza. La mattina è venuta a svegliarmi, ma io non mi sono svegliato.

Ad un certo punto, mentre dormivo profondamente ho sentito la voce di mia moglie che cantava. Mi ha infastidito un po’ perché stavo dormendo proprio bene. Non capivo perché dovesse mettersi a cantare nel mezzo della notte, mentre io ancora dormivo.

Mi sono svegliato che mi stavano portando dal reparto di terapia intensiva alla corsia. Avevo una flebo ad un braccio e un catetere nell’uretra. Ero pieno di dolori, soprattutto alle articolazioni. Non ero stupito di trovarmi dove mi trovavo, anche se non avevo idea di come ci fossi arrivato. Non capivo perché mia moglie piangesse ma fosse anche felice, ma non ci ho dato tanto peso: lei è una persona molto emotiva.

Quello che non sapevo è che era il 17 febbraio e io non avevo alcuna cognizione di cosa fosse successo da quella notte in cui me ne sono andato a letto presto, con la febbre alta, a casa mia, nove giorni prima. Mi hanno spiegato che la mattina dell’ 8 febbraio mia moglie mi ha trovato incosciente e ha chiamato il 118. Che sono stato ricoverato al reparto infettivi dell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari dove le analisi hanno rivelato una encefalite erpetica: una malattia con un decorso piuttosto negativo, con il 20% di mortalità e un tasso molto elevato di danni cerebrali permanenti fra i sopravvissuti. Di tutto questo io ero completamente ignaro, mentre mia moglie ne era consapevole, e anche dopo il mio risveglio non poteva essere sicura che io non avessi subito danni cerebrali, né quali. Per mia fortuna, e per loro bravura, i medici del SS. Trinità mi hanno tirato fuori da questa avventura (quasi) senza alcun danno.

Durante il coma non ho vissuto alcuna esperienza, o almeno non ne ho conservato alcun ricordo. Il mio corpo era vivo ma la mia coscienza non lo era. Se fossi morto, per me non sarebbe cambiato nulla. In effetti, per nove giorni ho sperimentato la morte, come persona, anche se il mio corpo era vivo.

Sentire mia moglie cantare, reagire con fastidio a quel disturbo e conservarne il ricordo, è stato il primo sintomo del risveglio. Infatti quell’evento è avvenuto che ero ancora in terapia intensiva, ma le mie funzioni vitali si stavano normalizzando e i medici avevano fatto entrare mia moglie mentre mi preparavano a tornare in corsia.

Insomma, il primo componente della percezione che si è risvegliato è stato l’udito; per quanto riguarda la cognizione, io credevo di essere ancora nel mio letto, nove giorni prima, a dormire serenamente. Non ho visto tunnel né luci abbaglianti. Non ho sentito voci angeliche né musiche celestiali. Solo la voce di mia moglie che cantava e che, anche se mi ha infastidito, è il ricordo più bello che io conservi.

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