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Cordon bleu industriale, il documentario sul cibo spazzatura che mostra quello che c’è dietro – Video

Cordon bleu industriale: scopri tutto quello che c’è dietro

Si fa presto a dire cordon bleu, ma sappiamo davvero quel che mangiamo quando ne prendiamo una confezione al supermercato?

La domanda se la sono posta i giornalisti Martin Blanchard e Maud Gangler e per rispondere hanno confezionato un interessante documentario per il canale culturale europeo Arte.

L’invasione del cibo spazzatura – Inchiesta sull’industria agroalimentare – Guarda il documentario completo | ARTE

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Il titolo italiano recita, piuttosto esplicativamente, “L’invasione del cibo spazzatura”. Sono novanta minuti di immagini e interviste per raccontare di come il junk food abbia invaso anche i supermercati e i frigoriferi della Vecchia Europa.

Si tratta di un viaggio nell’industria alimentare alla scoperta dei segreti poco nobili dei cibi ultra-processati. E naturalmente il cordon bleu industriale alla fine non è che un pretesto per parlare di tutti gli alimenti di dubbia qualità che il marketing e la pubblicità ci inducono a consumare.

Trenta ingredienti contro cinque

Il viaggio, in particolare, affronta tutta la filiera, dall’allevamento all’impacchettamento finale. E così apprendiamo che per un cordon bleu industriale tipo ci vogliono trenta ingredienti, contro i cinque che ci servirebbero se volessimo prepararlo da soli in casa.

Tra questi fibre di grano per agglomerare le proteine, destrosio per la viscosità, sali vari per rendere il “formaggio” (che non è formaggio, naturalmente) brillante e omogeneo.

Sempre per quanto riguarda il formaggio, un capitolo apposito è dedicato al biossido di titanio (E 171), che serve per sbiancarlo e che secondo alcuni potrebbe essere cancerogeno (anche se Efsa non si sbilancia al riguardo). Non a caso, in Francia è vietato. Tra l’altro, servendo solo a sbiancare il “formaggio”, a rigore è anche perfettamente inutile.

Secondo gli autori del documentario, questo additivo viene ancora usato per via delle pressioni di chi lo produce.

Questo nonostante il fatto ci sia un’industria alimentare come la Nestlè che già dal 2018 lo ha sostituito con l’amido di riso. A dimostrazione del fatto che volendo tutto si può fare e che alle lobby si può anche resistere.

Queste idee valgono oro… Altro che lattine!