Due ragazzi italiani inventano un guanto che fa “parlare” i sordi.
Loro sono giovanissimi, ma indubbiamente già parecchio brillanti.
Si chiamano Mateo Ibro e Antonio Falsetti, hanno rispettivamente 17 e 16 anni e studiano alle superiori a Castellanza, provincia di Varese.
Mettendo insieme le loro abilità elettroniche e ingegneristiche hanno inventato un guanto che potrebbe migliorare la vita a migliaia di persone con gravi problemi di udito.
Il guanto che hanno messo a punto si può collegare a uno smartphone ed è in grado di tradurre in linguaggio parlato la lingua dei segni.
Ovvia l’implicazione: una volta messo a punto, il sistema permetterebbe ai sordi di poter parlare con tutti, non solo con le persone che conoscono il linguaggio dei segni.
Due ragazzi brillanti
Il progetto è stato battezzato “Good morning“, ed è uno degli ottimi risultati di un progetto di educazione digitale più largo promosso da Microsoft Italia e dalla Fondazione Mondo digitale.
Il guanto ideato da Mateo e da Antonio è dotato di alcuni sensori che rilevano il movimento delle dita e traducono i singoli impulsi motori in segnali sonori.
L’idea da cui sono partiti i due adolescenti è stata quella di mettere a punto una tecnologia che fosse in grado di tradurre i segni in suoni, impiegando dei sensori di flessione.
L’apparato consiste in alcuni anelli che si infilano sulle dita e che sono collegati a una scheda a sua volta collegata a un altoparlante.
Il meccanismo è tale per cui a ogni posizione delle mani è associato un suono e quindi una parola.
Più concretamente, quando una persona sorda usa questo guanto, i segni che fa con la mano sono trasformati in parole da una voce sintetica che “esce” dallo smartphone.
Adesso la speranza è che questo brillante progetto, frutto dell’ingegno e dell’altruismo dei due ragazzi possa essere affinato e migliorato.
Eed essere adoperato per migliorare la vita alle migliaia di persone sorde con gravi problemi di udito che ci sono in giro per il mondo.