Coronavirus, l’Organizzazione mondiale della Sanità dichiara la pandemia.
Siamo ufficialmente in una pandemia, ovvero una epidemia diffusa su scala globale. La dichiarazione è venuta mercoledì 11 marzo da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Una delle ragioni di questa decisione, che non è solo una questione di nomenclatura (a una pandemia si risponde in modo diverso rispetto a una “semplice” epidemia), è che fuori dalla Cina i casi di positività al coronavirus sono aumentati di tredici volte.
L’infezione, ricordiamo, ha avuto origine a dicembre scorso nella città cinese di Wuhan (11 milioni di abitanti) e poi si è diffusa in una novantina di altri Paesi.
Se guardiamo ai numeri, a ieri il bilancio dei contagiati era di 119mila persone in tutto il mondo (oggi, 12 marzo 2020, sono centoventiquattromila e 519), mentre i morti erano 4mila e 350, dei quali 800 in Italia.
Coronavirus, l’Organizzazione mondiale della Sanità dichiara la pandemia
In termini pratici, la dichiarazione di pandemia potrebbe significare che da ora in poi i singoli governi potrebbero essere costretti ad eseguire i piani anti-pandemia preparati dalla Oms.
La priorità assoluta, ormai è chiaro, è impedire una ulteriore diffusione del virus, perché se ciò accadesse i sistemi sanitari dei vari Paesi non sarebbero in grado di reggere l’urto.
Gli esperti Oms nei prossimi giorni potrebbero richiedere agli Stati l’attuazione di provvedimenti anche drastici: per esempio il fermo delle attività produttive (con poche eccezioni) e limitazioni alla libertà di circolazione delle persone, che poi sono le stesse misure cui è stata costretta l’Italia su tutto il territorio nazionale.
Secondo l’Oms le condizioni affinché si possa verificare una vera e propria pandemia sono tre: la comparsa di un nuovo agente patogeno; la capacità di questo patogeno di ammalare gli esseri umani; la capacità di tale agente di diffondersi rapidamente per contagio.
Erano giorni che almeno due di questi criteri erano soddisfatti: Covid-19 si diffonde tra le persone e può essere mortale. Che poi il contagio sia ormai globale è stato confermato da dati sicuri sulla comparsa dei primi focolai in Africa e in Sudamerica.
In concreto, come ha spiegato il ministro della salute italiano Roberto Speranza, “con la dichiarazione dello stato pandemico l’Oms può mandare i suoi operatori in loco, come fanno i caschi blu dell’Onu e chiedere ai singoli Paesi di adottare misure di mitigamento, come il fermo di alcune attività o dei trasporti anche via terra”.
Così invece il direttore generale Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus: “Ci sono paesi però che hanno mostrato che questo virus può essere contenuto, quindi non dobbiamo arrenderci e adottare un approccio globale”.
L’esperienza cinese ha dimostrato che fermare il contagio si può. C’è però il piccolo dettaglio che la Cina è un regime autoritario in cui chi non esegue gli ordini se la può vedere molto brutta. Nei Paesi democratici le cose sono un po’ più complicate, come ben sappiamo noi italiani.
E resta da vedere se tutti i Paesi colpiti saranno inclini a fermare le attività produttive. Dato che l’unico dio rimasto in giro si chiama economia, c’è qualche motivo per essere inquieti, da questo punto di vista, basta vedere l’atteggiamento di alcuni Paesi europei, al riguardo.