L’ansia riflesso dell’intelligenza?
Per molte persone l’ansia è un incubo quotidiano. Questi soggetti ne hanno la vita messa sottosopra e sono costretti a percorre l’esistenza in una condizione di perenne incertezza e apprensione.
Adesso però uno studio psicologico sembra indicare che la sindrome ansiosa abbia anche degli aspetti positivi, nel senso che le persone ansiose sembrano avere una maggiore intelligenza delle altre ed essere anche più capaci nel risolvere i problemi.
L’ansia è molto probabilmente il disturbo psicologico più diffuso a livello globale. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ne sono colpite più di 260 milioni di persone.
Tra i sintomi che la caratterizzano possiamo ricordare le palpitazioni, una eccessiva sudorazione, respiro affannoso, tensione muscolare, dilatazione delle pupille.
E naturalmente una quasi insopportabile inquietudine per la quale spesso il soggetto non riesce a trovare una causa oggettiva.
Lo studio di cui sopra si deve a un ricercatore della Boston University, David Barlow, del Center for Anxiety and Related Disorders. Secondo lui l’ansia sarebbe legata strettamente all’attività intellettuale.
Secondo Barlow chi soffre di ansia avrebbe una maggiore consapevolezza di ciò che significa essere vivi. In altre parole, si è ansiosi perché si è intelligenti.
Secondo Barlow l’ansia funzionerebbe da “macchina” per risolvere i problemi, in quanto metterebbe in moto meccanismi evolutivi legati alla difesa e alla sopravvivenza.
Questo si tradurrebbe in una maggiore capacità di risolvere i conflitti e anche di chiedere aiuto, se necessario. Inoltre gli ansiosi mostrerebbero una maggiore capacità di raggiungere gli obiettivi partendo da approcci diversi e non convenzionali.
L’ansia come riflesso dell’intelligenza: un approccio alla convivenza
Secondo il dottor Barlow l’ansia sarebbe parte della essenza stessa degli esseri umani e avrebbe una funzione protettrice.
Ne deriva, secondo lui, che l’ansia non sarebbe una malattia, ma un disturbo da sottoporre non a cura, ma a terapia.
In altri termini, non si tratterebbe di eliminare il problema, ma di aiutare le persone ad affrontare al meglio le crisi d’ansia.
Insomma, non combattere, ma convivere.